Una ricerca internazionale ha elaborato un metodo di screening ad alta precisione per identificare precocemente la mucopolisaccaridosi di tipo I
Un team di ricercatori statunitensi e canadesi ha sviluppato un nuovo metodo di screening neonatale per la MPS I, descritto in dettaglio in uno studio pubblicato di recente sulla rivista Molecular Genetics and Metabolism, che sfrutta l’uso combinato di tecniche avanzate di analisi enzimatica e biochimica e mira a migliorare significativamente l’accuratezza dello screening neonatale.
Ogni anno, migliaia di bambini in tutto il mondo nascono con malattie genetiche rare difficili da diagnosticare nei primi mesi di vita. La mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I) è una di queste: una malattia metabolica ereditaria causata dalla carenza di un enzima specifico che porta all’accumulo di sostanze tossiche nei tessuti. Questa condizione, se non trattata in tempo, può provocare gravi danni fisici e neurologici. Nonostante l’importanza della diagnosi precoce, gli strumenti attuali presentano limitazioni di precisione e non riescono sempre a distinguere chiaramente i casi patologici da quelli sani.
Lo screening neonatale (NBS) per la MPS-I è iniziato circa un decennio fa e ora avviene in circa 45 laboratori NBS in tutto il mondo (USA, Taiwan, Paesi Bassi, Canada). Tutti i laboratori NBS misurano prima l’attività dell’enzima rilevante (α-iduronidasi) in macchie di sangue essiccato (DBS). La maggior parte dei risultati anomali di primo livello sono falsi positivi spesso dovuti alla presenza di alleli di pseudodeficienza. Per ridurre i falsi positivi, alcuni laboratori NBS eseguono il sequenziamento del DNA per cercare varianti nel gene IDUA, mentre altri laboratori misurano i biomarcatori derivati dai glicosamminoglicani (GAG) mediante spettrometria di massa tandem. I dati disponibili mostrano che l’analisi GAG è un test di secondo livello più potente per ridurre i falsi positivi rispetto all’analisi del DNA poiché molti dei genotipi osservati sono inconcludenti, esempi dei quali sono discussi in questa pubblicazione.
Alla luce di queste informazioni, lo studio, condotto da un team internazionale, ha testato un metodo basato su due livelli di analisi:
- misurazione dell’attività enzimatica, per identificare carenze indicative in maniera specifica della patologia;
- analisi dei glicosaminoglicani endogeni (GAG), molecole accumulatesi nei pazienti affetti, rilevate tramite una tecnologia innovativa che ne valuta quantità e caratteristiche chimiche.
Il nuovo metodo ha mostrato una precisione significativamente superiore rispetto agli approcci attuali. I ricercatori hanno infatti sottolineato come questo sistema sia in grado di distinguere con chiarezza i neonati affetti da MPS I da quelli sani o con altre anomalie non correlate, consentendo di ottenere un quadro completo e riducendo il rischio di falsi positivi o negativi.
Se adottato su scala globale, il test potrebbe trasformare le modalità di screening neonatale, permettendo interventi più tempestivi. Una diagnosi tempestiva, già dai primi giorni di vita, offre infatti ai piccoli pazienti maggiori opportunità di accedere a trattamenti efficaci, come terapie enzimatiche sostitutive o trapianti di midollo osseo, riducendo le complicazioni a lungo termine. Inoltre, un test più preciso evita alle famiglie lo stress e l’incertezza legati a diagnosi inizialmente errate.
Questo studio rappresenta un passo avanti cruciale nella lotta contro le malattie rare e sottolinea l’importanza della ricerca scientifica per migliorare gli strumenti diagnostici. Con ulteriori validazioni, il metodo potrebbe essere integrato nei programmi di screening neonatale, cambiando radicalmente il futuro per i bambini affetti da MPS I e per le loro famiglie.