Il progetto pilota, partito pochi giorni fa, ha incluso nel pannello SMA, malattie di Fabry e di Gaucher e MPS I. L’intervista al prof. Liborio Stuppia
L’Abruzzo è diventata una delle Regioni italiane che esegue lo screening neonatale per il maggior numero di malattie rare. Questo grazie a un progetto pilota avviato il 12 dicembre scorso, che ha ulteriormente esteso la possibilità di diagnosi precoce attraverso test di screening neonatale anche all’atrofia muscolare spinale (SMA) e a tre malattie da accumulo lisosomiale: la malattia di Fabry, la malattia di Gaucher e la mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I).
Il percorso di ampliamento, in realtà, era già iniziato il 6 giugno 2022, con l’introduzione nel programma di screening neonatale della Regione Abruzzo dell’immunodeficienza combinata grave da deficit di adenosina deaminasi (ADA-SCID), del deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici (deficit di AADC) e della sindrome adrenogenitale (CAH).
Il progetto pilota, di durata annuale, è stato interamente finanziato dall’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara e condiviso con il Coordinamento Regionale Malattie Rare e Screening diretto dalla dr.ssa Silvia Di Michele, responsabile dello Sportello Regionale Malattie Rare e Metaboliche. A proporlo sono stati due laboratori del Centro Studi e Tecnologie Avanzate (CAST) dell’Università “G. d’Annunzio”: quello di Biochimica Analitica-Proteomica-Endocrinologia, diretto dal prof. Vincenzo De Laurenzi, e quello di Genetica Medica, diretto dal prof. Liborio Stuppia. Proprio con il prof. Stuppia abbiamo potuto approfondire tutti gli aspetti e le implicazioni di questo progetto.
Professore, da quali elementi è nata la decisione di sottoporre tutti i neonati abruzzesi allo screening neonatale per SMA, Fabry, Gaucher e MPS I?
“L’idea nasce dal fatto che l’inserimento di queste patologie nel pannello di malattie per cui lo screening è obbligatorio per legge è da tempo in discussione da parte del Gruppo di Lavoro Screening Neonatale Esteso (GdL SNE) ministeriale. Il GdL SNE dal 2020 sta procedendo a un’attenta revisione della lista di patologie da ricercare attraverso lo screening neonatale, valutandone i requisiti di ammissibilità. Inoltre, diverse Regioni italiane hanno già inserito tutte queste malattie nei loro programmi di screening attraverso progetti pilota, anche se a quanto ci risulta questo progetto è quello che ne include il maggior numero contemporaneamente. In particolare l’inserimento della SMA, unica patologia che verrà analizzata direttamente con un test genetico, è motivato dalla disponibilità di nuove terapie geniche in grado di trattare efficacemente la malattia se iniziate immediatamente dopo la diagnosi”.
Come avverrà lo screening, tecnicamente e logisticamente?
“In linea di massima segue l’iter dello screening obbligatorio secondo la legge 167 del 2016. Le analisi non richiedono un prelievo aggiuntivo ma vengono effettuate utilizzando direttamente la stessa Guthrie card (cartoncino) ottenuta per lo screening neonatale eseguito già di routine e inviata al nostro Centro dai nove punti nascita regionali per lo SNE. Tuttavia, il progetto pilota prevede l’adesione volontaria da parte dei genitori, previo consenso informato: i punti nascita informeranno i genitori e, in caso di adesione attraverso la firma del modulo, verranno eseguite le ulteriori analisi, oltre a quelle previste per legge. Dal punto di vista tecnico, il test di screening neonatale per le tre malattie da accumulo lisosomiale prevede un’unica analisi in spettrometria di massa tandem, che attraverso la determinazione delle relative attività enzimatiche favorisce la loro diagnosi precoce. Per la SMA, invece, si effettua un’analisi molecolare in Real Time PCR che consente di verificare la presenza o assenza del gene SMN1, responsabile della patologia”.
Come si realizzerà il percorso dalla diagnosi alla presa in carico dei neonati affetti?
“Una positività allo screening per queste malattie, come per quelle già oggetto di screening, indica un sospetto diagnostico, non una diagnosi. Quindi è necessario effettuare dei test di conferma aggiuntivi, diversi da malattia a malattia, e che si concludono con un’analisi genetica per la quale sono previsti tempi generalmente più lunghi. Una volta che viene formulato un sospetto diagnostico, i piccoli vengono presi in carico dai due centri clinici: la UOC di Pediatria Medica dell’Ospedale “S. Spirito” di Pescara, diretta dal dr. Maurizio Aricò, e la Clinica Pediatrica dell’Università di Chieti, diretta dal prof. Francesco Chiarelli, che effettueranno le valutazioni cliniche e qualora si confermi la diagnosi imposteranno l’intervento terapeutico”.
Queste patologie dovrebbero essere inserite nel panel nazionale di screening?
“Sì, perché la SMA e le tre malattie da accumulo lisosomiale hanno i requisiti di ammissibilità necessari per essere inclusi nella lista di patologie da ricercare attraverso lo screening neonatale. I criteri di selezione delle malattie da sottoporre a screening neonatale esteso sono discussi e definiti dal GdL SNE ministeriale, e tengono in considerazione la frequenza di una malattia, la disponibilità di un trattamento efficace e di un test di screening affidabile, nonché gli aspetti economici, valutati secondo il rapporto costo/efficacia. Diverse Regioni italiane, infatti, le hanno già inserite nei loro programmi di screening neonatale attraverso progetti pilota”.
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