La simulazione dei ricercatori inglesi ha evidenziato un risparmio equivalente a circa 3 milioni e mezzo di euro per il Servizio sanitario nazionale, grazie alla riduzione dei costi per la salute, l’assistenza sociale e l’istruzione
Sheffield (Regno Unito) – Lo screening neonatale per l’adrenoleucodistrofia legata all’X (X-ALD) è sostenibile da un punto di vista economico? Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università di Sheffield, la risposta è sì: a fronte di una spesa di circa 463mila euro, il Servizio sanitario nazionale risparmierebbe ogni anno 3 milioni e mezzo di euro. Ma chi guadagnerebbe davvero dall’introduzione del test sarebbero i pazienti affetti da questa rara malattia genetica: ben 8,5 QALY ciascuno. Non si tratta di una nuova valuta, ma di un bene ancora più importante: gli anni di vita trascorsi in salute. Il QALY (Quality Adjusted Life Years) è infatti un’unità di misura impiegata nell’analisi costi-utilità che combina insieme la durata della vita con la sua qualità.
L’adrenoleucodistrofia legata all’X è causata da un difetto nel gene ABCD1. Il disturbo interrompe la beta-ossidazione degli acidi grassi perossisomiali, causando l’accumulo di acidi grassi a catena molto lunga, con conseguenti danni al cervello e ai tessuti in tutto il corpo. La X-ALD mostra un’ereditarietà recessiva legata al cromosoma X, con un’incidenza che varia tra 0,8 e 4,76 persone colpite ogni 100.000 nascite. I maschi affetti possono presentare insufficienza surrenalica, la forma cerebrale della X-ALD o una mielopatia progressiva, l’adrenomieloneuropatia (AMN). La maggior parte degli uomini e delle donne con X-ALD svilupperanno un’AMN sintomatica nel corso della loro vita, ma le donne non sembrano essere affette da deterioramento cerebrale o insufficienza surrenalica.
La X-ALD cerebrale è il fenotipo più grave: senza trattamento i pazienti vanno incontro a un declino neurodegenerativo che porta allo stato vegetativo e alla morte. Alcuni studi hanno dimostrato che il trapianto di cellule staminali ematopoietiche e più recentemente la terapia genica possono avere successo nel prevenire il deterioramento a lungo termine in pazienti con X-ALD cerebrale che si presenta nell’infanzia o nell’adolescenza (CCALD). Tuttavia, questo beneficio dipende dall’essere trapiantati ai primi segni di coinvolgimento neurologico, con pochi o nessun beneficio per i pazienti trapiantati in seguito.
Partendo da queste considerazioni, i ricercatori inglesi hanno stimato l’impatto economico dell’introduzione del test per la X-ALD in un programma di screening neonatale già esistente, basato sulla spettrometria di massa tandem. Il modello sul quale si è basata la simulazione è stato quello del Servizio sanitario nazionale del Regno Unito (NHS), che utilizza il metodo “Dried Blood Spot” (DBS): un test che prevede il prelievo e l’analisi di una goccia di sangue essiccata su filtri di carta assorbente.
I risultati dello studio pubblicato sull’Orphanet Journal of Rare Diseases hanno incluso i costi sanitari, di assistenza sociale e di istruzione, e gli anni di vita corretti per la qualità (QALY). Il modello ha valutato lo screening dei soli maschi e l’impatto della migliore prognosi derivante dal trapianto di cellule staminali ematopoietiche in pazienti con X-ALD cerebrale infantile (CCALD).
Si stima che sottoponendo a screening 780.000 neonati ogni anno sia possibile individuare 18 ragazzi con X-ALD, dei quali 10 svilupperanno CCALD. Allo stesso modo, il test potrebbe riconoscere 7 bambini con altre malattie perossisomiali, anche manifestatesi sintomaticamente. Se si estendesse il test anche alle femmine, sarebbero identificati ulteriori 17 casi di X-ALD. Il costo del programma è stimato in 402.000 sterline (circa 463.000 euro) con risparmi sui costi per la salute, l’assistenza sociale e l’istruzione che portano a un risparmio complessivo di 3.040.000 sterline all’anno (circa 3.502.000 euro). Inoltre, i pazienti con CCALD potrebbero ottenere 8.5 QALY ciascuno, con un beneficio complessivo del programma di 82 QALY. Un’ipotesi da tenere a mente, qualora anche in Italia iniziasse il dibattito sull’introduzione dello screening neonatale per questa patologia.